Biografia essenziale


Carmine Jandoli - Artist


Carmine Jandoli - Artist

Carmine Jandoli ha condotto i suoi studi a Milano. Tra le sue ricerche accademiche compiute a Brera discute la tesi sulla cultura andina. Frequenta la scuola internazionale per l’incisione artistica di Urbino.
Dal 1970 ordinario di disegno e storia dell’arte, in ragione della sua professione i suoi interessi critico e storico si sono poi rivolti in prevalenza all’arte contemporanea.  Inizia la sua attività come scultore ceramista per poi dedicarsi alla pittura. Allievo di Alik Cavaliere e Luigi Veronesi, l’attività artistica di Jandoli ha attraversato tre fasi distinte.
Durante il periodo iniziale i temi narrativi e gli eventi descrittivi ebbero un ruolo fondamentale per poi essere accantonati a favore di una accentuata stilizzazione delle forme, caratteristica che raggiunge il suo culmine nella fase successiva.
Oltre ai paesaggi e ai quadri di tema religioso, nella prima fase, dipinse ritratti  e soggetti mitologici che rendeva invariabilmente nella sua tipica maniera idealizzata, semplice e ascetica. Nell’ultimo periodo i suoi cromatismi diventano una manifestazione naturale di una tensione emotiva ove il linguaggio pittorico dell’artista afferma la reinvenzione astratta del suo leggere e sentire il mondo.
Al suo esordio nel 1972 gli viene assegnato l’Ambrogino d’argento quale migliore artista giovane presente alla rassegna del Premio Nazionale S. Ambroeus.
1973          è premiato alla prima rassegna di pittura di Massa Carrara. Nello stesso anno è invitato alla 3° rassegna di pittura di Viareggio e poi è invitato al premio G.B. Salvi di Sassoferrato.
1974          è premiato alla mostra – Ora e Sempre Resistenza – Palazzo  Reale Milano
1975          è invitato alla XXVI mostra d’arte contemporanea – Torre Pellice
1976          partecipa alla biennale della grafica – Cannes
1977          è invitato alla II rassegna itinerante di grafica politica – Milano
1978          è invitato alla mostra internazionale “Pro-Sante-Chili” con esposizioni in Francia, Belgio, Italia e  Germania. Nello stesso periodo collabora a favore della CIASPO di Santiago.

La partecipazione a queste iniziative no profit coinvolgono emotivamente Jandoli che inizia a privilegiare la partecipazione a questi eventi collaborando e organizzando mostre a favore di Unicef, Caritas, FAI, Exodus, Emergency e altre missioni umanitarie come Don Bosco  seguendo  un sogno inconscio che si realizzerà negli anni novanta.
Il suo impegno politico lo porta dagli anni 80 ad essere tra i protagonisti delle rassegne d’arte a favore della stampa democratica al Priamar di Savona tra cui meritano di essere menzionate quelle del:

1987          “Omaggio a Charlot” dedicato a Charlie Chaplin –Savona
1988          “Le maschere nella commedia dell’arte” – Savona
1989          “U me murtà” – Savona

1990          “L’uovo di Colombo” (onda su onda… scoperta dell’America) – Savona
1991          “Romanzo” – Savona – Milano
1992          “Colombiane- Vele iconiche al Priamar” Genova e Savona
1993          “Cinema è… Cinecitttà” esposizione a  Roma e Savona
1993          E’ invitato a partecipare al progetto “Starimost”, mostra itinerante Pro-Bosnia
1995          Invitato al XXVIII Premio Vasto – dall’arte povera al postmoderno.
Contemporaneamente realizza il suo progetto “Memorie cinquant’anni dopo 1945/1995” mostra inaugurata nel 1995 in occasione del 50° anniversario della Liberazione che vede la partecipazione di 104 artisti e che si concretizza con una serie di mostre itineranti in strutture pubbliche di prestigio nelle città di Cremona, Bologna, Siena e Milano. Iniziativa patrocinata dall’ANPI, APC e dagli Enti locali che hanno ospitato la mostra. Tutte le opere donate costituiranno una raccolta permanente

1998          Cura la sezione di arte contemporanea del Museo Storico del Castello della Rancia (MC) che ha acquisito la collezione “Memorie  cinquant’anni dopo 1945/95).
1999          Invitato a “Dipinti, disegni e incisioni” – Milano
2002          Invitato alla mostra  “A tutto tondo” una collezione per amicizia – Milano – Museo della Permanente
2003          Partecipa al progetto “Tucuman” in Argentina
2005          Partecipa al progetto internazionale “Rimbaud per l’Africa”
2015          Esperienze illuminanti – Monumentale del Priamàr – Savona
2016          “Art Prize” – Galleria La Riseria – Novara
2016          Emergente 3 – Galleria d’arte del Cavallo – Quiliano – Savona
2016          I° Concorso Internazionale (1° premio) – Orso della Band – Palazzo della Meridiana – Genova
2017          XIII Giornata Nazionale del Contemporaneo – Novara
2018          Contrasti – A.S.A.V. – Sala Carbonari – Seriate (BG)
2019          OLTRE – A.S.A.V. – Sala Carbonari – Seriate (BG)


Note da antologia critica

“Il rapporto di Jandoli con le opere e gli artisti del passato non è tanto rivolto quindi alla semplice ricerca di temi, meccanicamente trasformati in immagini della contemporaneità, ma, al contrario, esso traspone una sorta di rispecchiamento, questo sì contemporaneo, di natura mentale, quasi annullando le distanze storiche, in un riconoscimento basato sulla consapevolezza di usare gli stessi strumenti espressivi, di percorrere gli stessi sentieri riflessivi ed ideativi.
Per questo viatico l’artista giunge ad un linguaggio caratterizzato, singolare, in definitiva alla sua cifra formale…”.

Dal catalogo “Riverberi storici” – di Franco Sortino


“C’è nella produzione creativa di Jandoli un sentimento di mistero, molto diverso dall’impressione di novità, di meraviglia o di non ancor conosciuto che scaturisce dal suo uso della metafora; e viceversa il senso di essere sull’orlo dell’ignoto – come una sospensione paragonabile ad alcuni racconti di Henry James -, l’attesa di un avvenimento oscuro e imminente che fanno parte di una ricerca figurativa legata al senso metamorfico dello spazio terrestre.

Al di là del singolare livello poetico, appare di non scarso interesse la struttura del linguaggio che Jandoli ha messo a fuoco. Va tenuta presente la vicinanza della materia­-colore con il segno primigenio-sedimento «mnemonico o engramma», per dirla con Jung – che non ha, tuttavia, carattere puramente sintomatico e fisico, ma al contrario si libra nella sfera già ad esso superiore del simbolico e dello psichico…”.

 Da “La visione metamorfica di Carmine Jandoli” – di Floriano De Santi



Il colore è, prima di ogni presenza figurativa, il soggetto dei dipinti: incroci, tangenze, velature, compenetrazioni, che danno vita al puro piacere del segno. Il colore come movimento, non come campitura conclusa, ma sempre come occupazione di spazio, costruzione o scontro o presenza fantasmatica, accadimento di relazioni complesse occorse entro il perimetro del dipinto.
A volte le forme si condensano in una zona della tela e si differenziano dalla vastità del cielo, altre volte non hanno tregua e fluttuano, trasmigrano, attraversano lo spazio, lo coagulano in passaggi di senso, memorie appunto: cinquant’anni dopo le mille opere viste, metabolizzate e memorizzate costituiscono un panorama dall’ampio orizzonte, in cui inserire la propria scelta stilistica e poetica.
Tra i tanti incontri e confronti con altri artisti, Jandoli ama citare, riferiti al proprio percorso artistico, solo i maestri riconosciuti del suo apprendistato accademico: Veronesi e Cavaliere, perché le sue opere sono assoli fuori da correnti, lontano da scuole, prescindono dall’intenzione di conformarsi a possibili poetiche preesistenti, anche se, nella sua pittura, si avverte il gusto per lo “stile moderno”: tra futurismo, orfismo e surrealismo, le correnti che hanno caratterizzato l’arte italiana del Novecento. Quanto si avverte come vocabolario formale è però aggregato in un risultato stilistico esclusivo, elaborato in una varietà di soluzioni dove l’astrazione cromatica e compositiva prevale rispetto al tema: sia esso soggetto letterario o figurativo.

da “Contaminazioni” – di Maria Fratelli



L’uso di olio, acrilico e inchiostro ha questo potere in Jandoli: suscitare momenti di pura magia visiva.
La ricchezza di minimi particolari imprigiona l’occhio, che va alla ricerca dei meccanismi degli accostamenti cromatici, delle sovrapposizioni, come a voler risolvere il mistero della loro creazione.
Con coscienza si può riscontrare un elemento che accomuna quasi tutte le opere, un filo continuo che lega insieme la spirale di espressioni diverse dell’artista. È il piano cromatico di fondo, le cui campiture di colore hanno il compito di costituire una particolare luce, capace di accogliere e supportare le avventure pittoriche, nonché i disordini sconfinati, fin oltre i margini del perimetro della tela.
Dentro queste ampie emissioni di luce cromata, il pittore costruisce il mondo delle sue visioni, visibili e invisibili, quel flusso di spazio della memoria che fluttua o precipita, invaso ora dal chiarore del piacere della quiete, o dall’ estasi e dall’angoscia più oscura.

da “La forza della linea, l’emozione del colore” – Silvia De Vecchi


“Già ne Il Giudice Jandoli rimandava ad un misterioso altrove, suggerendo che noi non vediamo la realtà vera, ma una copia della realtà, una maschera che ci allontana dalla verità. Oggi dipinge ancor più in libertà di spirito. Crea forme prima inesistenti. Le crea con il gesto del braccio, ed è quel gesto, personale ed irripetibile, che rimane impresso sulla tela e la rende viva. Non vede più il mondo diviso in bianco e nero, abbandona un’atavica dicotomia privilegiando il colore per la sua interna molteplice significanza. Una varietà di cromie si incontra, si unisce roteando, diventa un unico coro di differenti sonorità…”.

 Da “Dal Quod similius al quod melius” – N. d’Errico


“Il mondo di Jandoli è una tensione di forze contrapposte che egli traduce in una pittura dove bianco e nero si affrontano senza sfumature in campi che non sono però chiaramente limitati da linee spartiacque, ma che dialetticamente si incontrano, scontrano, allontanano invadendo l’intera superficie della tela. Meglio del foglio, perché egli incide sulla lastra questa sua analisi fredda della società. E’ un grafico e l’acquaforte è la tecnica che meglio gli permette di esprimere la violenta tensione del nostro tempo. Precisa e circostanziata l’analisi della realtà del nostro mondo che Jandoli fa della puntasecca “Il Giudice”. Una figura altera e senza volto superba di una insegna di potere che inalbera sulla testa pelosa a maggiormente significare l’inappellabile e superiore verità di una giustizia dettata dall’alto, di concetti ideali sradicati dalla vita reale. “Sia fatta giustizia e il mondo vada pure in rovina”, borbotta silenzioso il togato in un’aula dove incombe una cupa atmosfera su delle evanescenti figure. Una giustizia, quella descritta da Jandoli, che di silenzio si nutre e nel silenzio si realizza, una giustizia che induce a pensare con Henry Mencken, che di fronte ad essa è forse più sopportabile l’ingiustizia…”.

 Da “Educare con la pittura” – Rico Reno



“Jandoli rivolge la sua attenzione agli eventi fenomenici della natura che osserva e trasfigura privilegiando particolari ricchi di materia, ribaltando così il lavoro dell’archeologo che parte dal frammento e cerca di reintegrarlo nel tutto.
I soggetti delle sue opere confermano la filosofia della sua poetica: fenomeni dinamici, energetici, esplosivi che attualizzano l’ambiguo oscillare tra iconismo e aniconismo caratterizzando i temi predominanti dell’artista. I titoli delle sue opere nascono prevalentemente più per analogia che per riferimento reale, un assieme di forme inventate ma cariche di possibilità simboliche.”

Tratto dal catalogo “Tra iconismo e aniconismo” (Ecoeditori – 1998 – Napoli)



Una carriera artistica che prende avvio – ai suoi esordi, intorno alla metà degli anni settanta – dalla lavorazione ceramica, intessuta di trasparenze e di spessori forti, per poi avvicinarsi a una sensibilità pittorica più spirituale e immateriale, marcata da costrutti ancora figurativi, riscontrabili nei ritratti e nei volti dai tratti riconoscibili, e da scelte tematiche afferenti al mito. Per approdare, in tempi più recenti, a una composizione ormai “propria”, riconoscibile, generata dal vissuto personale e da una mano che sa come muoversi su un supporto pittorico.
Questo è, in sintesi, l’esito del lavoro di Carmine Jandoli: un corpus di lavori da cui trapelano gli insegnamenti dei maestri, il cromatismo di Luigi Veronesi da un lato e la tensione magmatica di Alik Cavaliere dall’altro, tradotti, ripensati e ri-vissuti alla luce di una pratica decennale.

da “Riflessi di luce, riflessi di colore” – Silvia Colombo